Saper scrivere la parola “Fine.”

Saper scrivere la parola “Fine.”

2022, Agosto.

Sto rimandando queste righe da mesi, e conosco bene il motivo.

Non posso minimamente mettermi a scrivere un piccolo memoriale su quanto è accaduto nei miei/nostri trascorsi due anni senza avere un pizzico di timore che tutto questo sia tutt’altro che la fine di un periodo, un ritorno a qualsivoglia tipo di normalità.

Che queste siano parole rivolte al me del futuro (che guarderà con la solita tenerezza-cringe quanto fa il me del presente) o a qualche curioso che negli anni capiterà qui, sappi che è solo ora, nel 2022, due anni dopo lo scoppio di una pandemia globale, che ho avvertito realmente cosa sia cambiato. Ma ci arriviamo più avanti.

Sai, come tutte le cose a questa conclusione non ci arrivi per geniale intuizione, è più un unire puntini di quello che vedi e cerchi di tradurre in quello che capisci, e ti posso dire, per quanto ognuno punterà il dito verso qualcun’altro, che tutto è partito dall’essere stati, in modi diversi, enormemente superficiali.

Si, di quella superficialità stupida che aleggia nei confronti delle notizie che escono fuori dalla nostra comprensione, quando come un bullo da 4° elementare deridi una cosa solo perchè non la capisci.

In cina li chiudono in casa? ah-ah-ah

In giro con una mascherina? ah-ah-ah

Non puoi uscire di casa se non per qualcosa di estremamente importante? ah-ah-ah

Esseri umani muoiono? (…)

Non abbiamo avuto cognizione di causa di quanto succedeva, troppo veloce, troppo impattante, troppo legato ad un periodo storico dove è altamente necessario (per chi poi…) che ognuno di noi debba poter dire la propria opinione, esporre i propri fatti, aggressivamente aggredire chi non la pensa nella stessa maniera, dividersi dagli altri esseri umani perchè, semplicemente, non capisci, non vuoi credere ad un concetto basilare: non hai certezze.

Ed infatti dalla superficialità si è passati all’incredulità, alla paura, all’egoismo, ovviamente in diverse percentuali per ognuno di noi.

Potresti pensare che un periodo come questo dovesse/potesse essere uno spunto in più per dimostrarsi umani, generosi, amorevoli, compassionevoli e comprensivi, ma ecco la grande questione, quella che dopo questo tempo così strano, devo sottolineare con un indelebile rosso: abituati a quello che cambia, ma nel mentre concentrati sul cambiare te stesso, non gli altri.

Si, avevo un problema che spero di aver completamente compreso, durante questi mesi: ero completamente concentrato dal notare le reazioni di chi mi circondava alle cose che colpivano me per primo, quasi per il gusto di vedere una serie tv ricca di colpi di scena, aspettare epiloghi e vedere evoluzioni di personaggi.

Nulla di più inutile.

Abbiamo sofferto terribilmente tutti, tutti insieme e paradossalmente ognuno da solo, perchè i cambiamenti epocali sono definiti tali per l’impatto che hanno su ogni singolo essere umano.

E allora la parola fine la scrivo, ma mica della pandemia, di quella mi interessa poco visto che ho davanti il peggio che l’umanità avrà da offrire, la parola fine la scrivo per il me che credeva di avere controllo assoluto sulle cose, la scrivo per il me che deve dare risposte prima di capire le domande quando mi accade qualcosa, la scrivo per il me che è talmente innamorato del futuro da scordarsi un presente che va ammirato per quanto straordinario in tutti i modi possibili.

Lo scrivo per il me che non deve accontentarsi, ancora di più dopo tutto questo, di quello che gli altri devono ricevere da me come essere umano.

Direi che è proprio un ottimo momento per scrivere un’altra parola…

ps: E tu, per cosa l’hai scritta la parola fine?

pps: se queste righe suonavano poco legate al concetto di “contenuti” che deve dare un buon designer, spero in una tua paziente comprensione, per scrivere qualcosa di nuovo talvolta dobbiamo liberarci di un po’ di spazio nel nostro hard disk mentale.

nota dell’autore: ecco, sai che ho sentito letteralmente una zavorra liberarsi dal petto mentre cercavo di mettere in ordine parola per parola? Forse mi sono ricordato di un giorno qualsiasi di pieno lockdown, io, Marty e Rock al parco di fronte a casa (crocevia della mia vita quel posto…) e delle forze dell’ordine che ci fermano per sapere di quanto ci allontanavamo per portare il cane a fare i suoi bisogni. In quel momento ho pensato quanto fosse paradossale e distopico quello che vivevo, ma poi ci siamo guardati, ci siamo fatti una risata, abbiamo scritto un messaggio alle persone della nostra vita che non erano li con noi. Era tutto assurdamente ok.

Sull’autore del contenuto: Grazie per aver letto questo articolo! Sono Michea Savino, mi occupo di scrittura e produzione di contenuti rilevanti per persone, aziende ed organizzazioni. Se vuoi conoscere qualcosa in più su di me clicca pure qui.

Designer, founder of the Digital company Ex Design Studio.